
Arrivo all’appuntamento munita di taccuino e con diversi minuti di ritardo, mi arresto davanti al portone dove leggo “Palazzo della Cultura”. Deve essere qui, mi dico, ed entro. Nella biblioteca, tra scaffali di libri alti quasi sino al soffitto e vecchi tomi, ricevo la conferma che sono nel luogo giusto: le scale stanno alle mie spalle quasi a farmi “marameo” insieme all’insegna Museo civico “Pietro Cavoti”.
Un bip segnala il mio arrivo, mi sento un po’ Lupin ma non ho intenzione di compiere un furto. Il riflesso, quasi incondizionato, a sollevare le mani per dichiararmi innocente decade non appena la sorridente Silvia mi viene incontro.
“La visita al museo di oggi ha carattere straordinario”, Silvia tiene a precisarlo: i lavori in corso impediscono di vedere tutte le stanze del museo, diverse opere sono coperte da cellofan.
Nonostante abbia frequentato il liceo a Galatina, non sapevo dell’esistenza del museo.
É aperto dal 2000, ospita laboratori, corsi, pellegrini e curiosi giunti a Galatina per la Basilica di Santa Caterina.
Dal 2006 Silvia si occupa dell’accoglienza, delle visite guidate e dei laboratori ludico-didattici per i bambini. La cooperativa sociale Imago, con esperienza nel settore museale, bibliotecario e archivistico, gestisce il Museo Civico “Pietro Cavoti” dal 2012.
Mentre parliamo, suona il bip: sono arrivati Delia e i tre #tipidamuseo, Margherita, Alessandro e Paolo. Con una stretta di mano ha inizia il tour e la sorpresa di una raccolta che non ti aspetti.
“Sveliamo” le statue “Il Dolore umano” e il “Nudo disteso”, Silvia ci parla della “Lampada senza luce”, oggi fontana monumentale della cittadina e ribattezzata “La Pupa”.
C’è un varco nel muro, ad arredarlo il cellofan a mo’di tenda. Margherita, Paolo e Alessandro, come a riprodurre lo stato celato delle opere, posano dietro la plastica: chi urla prigioniero del cellofan, chi resta immobile come una statua, appunto, chi guarda oltre la plastica con occhio indagatore.
E la situazione di cantiere risveglia varie idee, fa confabulare il trio creativo.
Giunge il momento del “Cavoti”, un personaggio bizzarro e dai capelli lunghi, uno scapigliato.
“Pari nu Cavoti”,
a Galatina si usa dire così a una persona trasandata.
In un angolo valigia, cappello e ombrello, oggetti personali del Cavoti, simboleggiano il suo continuo peregrinare alla ricerca di stimoli e nuovi oggetti di studio. Ne sono prova tangibile le numerose illustrazioni della Chiesa di Santa Caterina, le miniature, i dipinti, le caricature, le cartelle di studi giovanili realizzate in giro per il Salento e in altre città d’Italia, i taccuini di viaggio minuziosi e umorali, il ricco epistolario. Pietro Cavoti è stato un artista a 360°, stimato a più livelli.
Vengo colta da una considerazione: quanto poco conosciamo la nostra storia, le persone, il genio e l’arte che hanno attraversato, illuminato, contaminato i nostri piccoli paesi fino a dimenticarcene.
La storia di Carlo Mauro è bellissima. Delia, ad esempio, ha letto tanto in proposito. Io apprendo che grazie a quest’uomo, un sindacalista, i contadini hanno ottenuto il primo contratto di lavoro. La sua storia merita voce e sicuramente uno spazio maggiore all’interno del museo.
Il giro termina con la sala degli uccelli, in legno e non impagliati (per nostra fortuna), e con la sala dedicata alla pizzica.
Il brainstorming lungo il corridoio prova che il gruppo è molto sinergico e che ha tratto vari input dalla visita.
Ve li presento:
Una laurea in decorazione contemporanea all’Accademia di Belle Arti di Lecce e un’identità artistica: Paolo Ferrante è Evertrip, autore di vari libri d’artista, come “Tegumenta. Dizionario emozionale”. Nel 2013 fonda il collettivo Idume Studio con l’obiettivo di innescare un dialogo tra l’ “immaginario sotterraneo” locale e l’arte contemporanea. “Ogni città è in perenne dinamismo”, da qui parte il racconto di Idume.
Il punto di contatto tra Paolo e l’arte è intimo, emotivo, strutturato e connettivo.
Il lavoro artigianale e di “costruzione” di un libro- bozze, impaginazione, editing – ha un profumo ben preciso. Lavorando nell’editoria da molti anni, Margherita Macrì lo sa molto bene. É ufficio stampa per Besa editrice, collabora con varie case editrici universitarie del bacino laziale, si occupa di formazione per l’editoria con Poiesis Editrice, coordina l’APE, l’Associazione Pugliese Editori.
Il Caino di Martinez e le due personalità, così diverse, dello scultore e di Cavoti sono i due focus su cui Margherita intende concentrare la sua attenzione e la scrittura.
Alessandro Colazzo, grazie alla fotografia, si avvicina alla comunicazione visiva. Ha collaborato alla cura delle mostre del Festival del Cinema del Reale, per varie edizioni e fino al 2011; dal 2012 è libero professionista e lavora per agenzie di comunicazione, festival cinematografici, designer e compagnie di teatro. Cura, per fare un esempio, la comunicazione visiva di Senso Plurimo, la rassegna di arti visive presso i Cantieri teatrali Koreja.