Un museo che racconta la grande storia dalla quale la periferia non è immune e le piccole storie delle persone che sono state accolte e di quelle che hanno imparato ad accogliere. Tra il 1943 e il 1947 Santa Maria al Bagno e le zone limitrofe divennero un centro di raccolta per i profughi della Seconda Guerra Mondiale.
Prima quelli jugoslavi e poi, dopo la fine della guerra, centinaia di profughi ebrei sopravvissuti all’Olocausto, che guardavano al loro soggiorno nella penisola come l’ultima tappa prima di raggiungere la Terra di Israele.
Oggi al Museo è possibile ricostruire la trama di questa vicenda attraverso la mostra fotografica e i murales – opera del profugo ebreo-romeno Tzvi Miller – esposti al suo interno.
Un museo che conserva la memoria del passato e educa all’accoglienza per il presente e il futuro. Non a caso di fronte al mare.